La Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo il quale l’intervenuta definizione del reddito da parte della società di persone costituisce titolo per l’accertamento nei confronti delle persone fisiche in base al principio di trasparenza dettato dall’art. 5 del TUIR, per cui il reddito della società di persone è imputato automaticamente e direttamente ai soci, in misura proporzionale alla rispettiva quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla sua effettiva percezione (Ordinanza 09 aprile 2021, n. 9392) La controversia ha origine dall’avviso di accertamento notificato al contribuente per il reddito da partecipazione imputato a seguito di accertamento con adesione definito dalla società partecipata. La Corte di Cassazione ha riformato la decisione dei giudici tributari accogliendo il ricorso del contribuente, che ha eccepito l’erronea determinazione dell’imponibile nei propri confronti, avendo considerato un reddito da impresa superiore rispetto a quello determinato per la società nell’accertamento con adesione.
I giudici tributari hanno accolto l’appello del Fisco osservando che a fronte dell’accertamento con adesione definito dalla società, l’Agenzia aveva proceduto legittimamente all’accertamento nei confronti dei soci in base alla percentuale posseduta rispetto al maggior reddito accertato. In particolare, i giudici hanno ritenuto che il contribuente, non avendo definito in adesione il proprio accertamento, non poteva avvalersi della riduzione della pretesa impositiva, scaturita nei confronti della società, che invece, aveva definito la propria posizione con l’adesione.
La Corte Suprema ha osservato che l’intervenuta definizione del reddito da parte della società di persone costituisce titolo per l’accertamento nei confronti delle persone fisiche in base al principio di trasparenza dettato dall’art. 5 del TUIR, per cui il reddito della società di persone è imputato automaticamente e direttamente ai soci, in misura proporzionale alla rispettiva quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla sua effettiva percezione.
Il Fisco deve procedere al recupero per trasparenza nei confronti dei soggetti estranei al procedimento di accertamento con adesione (nella specie, il socio) sulla base di questo e, quindi, nella misura concordata con la società di persone.
In caso di adesione soltanto da parte di alcuni soggetti, gli altri, che non hanno aderito o che non hanno partecipato al contraddittorio, benché ritualmente convocati, ricevono un “atto di accertamento” fondato sull’adesione intervenuta nei confronti dei soggetti aderenti e, dunque, beneficiano della riduzione di imposta concessa agli stessi.
Infatti, precisa la Suprema Corte, nell’accertamento nei confronti dei soci che non hanno partecipato all’accertamento con adesione (che ha invece coinvolto la società), devono comunque trovare applicazione il principio costituzionale della parità di trattamento e quello della capacità contributiva ai sensi dell’art. 53 della Costituzione, sicché l’Agenzia, anche in base ai principi di razionalità e non contraddizione, non può chiedere ai soci (il cui reddito coincide pro quota con quello della società partecipata) somme diverse da quelle concordate con la società di persone.