Secondo la Corte di Cassazione, la concessione della cittadinanza elvetica costituisce una valida prova della effettiva residenza nello stato estero al fine di escludere l’imponibilità in Italia dei redditi prodotti dal cittadino italiano emigrato in Svizzera (Ordinanza 05 febbraio 2021, n. 2894). La controversia riguarda l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate sul presupposto che il contribuente, seppur residente in Svizzera, paese incluso nella c.d. “black list”, dovesse considerarsi come residente di fatto in Italia, quale centro principale dei propri affari e interessi, rappresentati dalla residenza in Italia della moglie non separata e del figlio, oltre che dell’intestazione di utenze e della proprietà di diversi immobili sul territorio italiano. Su ricorso dell’Agenzia delle Entrate, la Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici tributari, condannando la stessa al pagamento delle spese di giudizio.
Su ricorso del contribuente, i giudici tributari hanno disposto l’annullamento dell’avviso di accertamento a fronte della prova fornita dal contribuente di effettiva residenza in Svizzera.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, il contribuente doveva ritenersi residente in Italia, e precisamente a Genova, dove risiedevano la moglie non separata ed il figlio; dove era proprietario di diversi immobili ed era intestatario di utenze elettriche e telefoniche. Inoltre il contribuente non aveva fornito alcuna valida prova di un suo reale e duraturo rapporto con lo Stato d’immigrazione (Svizzera) e dell’interruzione di significativi rapporti con l’Italia; in particolare, la documentazione prodotta era successiva all’anno d’imposta oggetto dell’accertamento.
Con riferimento all’accertamento della residenza fiscale (art. 2, co. 2- bis TUIR e art. 2697 cod. civ.), invece, la Corte di Cassazione ha ritenuto corretta la valorizzazione degli elementi di fatto da parte dei giudici tributari; in particolare, quello della concessione al contribuente della cittadinanza elvetica, la quale, seppur avvenuta nell’anno successivo a quello cui si riferiva l’accertamento impugnato, presuppone tuttavia la dimostrazione di una residenza continuativa del contribuente in Svizzera per un periodo di 12 anni.