Alla luce di quanto stabilito dalla Corte di giustizia europea (cause riunite C-762/18 e C-37/19), il periodo compreso tra la data del licenziamento illegittimo e la data della reintegrazione del lavoratore nel suo impiego deve essere assimilato ad un periodo di lavoro effettivo ai fini della determinazione dei diritti alle ferie annuali. Nel caso di specie, la Suprema Corte di Cassazione ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la seguente questione pregiudiziale: “Se l’art. 7 par. 2 della direttiva 2003/88 e l’art. 31 punto 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, anche separatamente considerati, debbano essere interpretati nel senso che ostino a disposizioni o prassi nazionali in base alle quali, cessato il rapporto di lavoro, il diritto al pagamento di una indennità pecuniaria per le ferie maturate e non godute (e per un istituto giuridico quale le cd. “Festività soppresse” equiparabile per natura e funzione al congedo annuale per ferie) non sia dovuto in un contesto in cui il lavoratore non abbia potuto farlo valere, prima della cessazione, per fatto illegittimo (licenziamento accertato in via definitiva dal giudice nazionale con pronuncia comportante il ripristino retroattivo del rapporto lavorativo) addebitale al datore di lavoro, limitatamente al periodo intercorrente tra la condotta datoriale e la successiva reintegrazione”.
La Corte di Lussemburgo ha così dichiarato: “1) L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una giurisprudenza nazionale in forza della quale un lavoratore illegittimamente licenziato e successivamente reintegrato nel suo posto di lavoro, conformemente al diritto nazionale, a seguito dell’annullamento del suo licenziamento mediante una decisione giudiziaria, non ha diritto a ferie annuali retribuite per il periodo compreso tra la data del licenziamento e la data della sua reintegrazione nel posto di lavoro, per il fatto che, nel corso di detto periodo, tale lavoratore non ha svolto un lavoro effettivo al servizio del datore di lavoro; 2) l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una giurisprudenza nazionale in forza della quale, in caso di cessazione di un rapporto di lavoro verificatasi dopo che il lavoratore interessato sia stato illegittimamente licenziato e successivamente reintegrato nel suo posto di lavoro, conformemente al diritto nazionale, a seguito dell’annullamento del suo licenziamento mediante una decisione giudiziaria, tale lavoratore non ha diritto a un’indennità pecuniaria a titolo delle ferie annuali retribuite non godute nel corso del periodo compreso tra la data del licenziamento illegittimo e quella della sua reintegrazione nel posto di lavoro”.
In particolare, la Corte di Giustizia ha preliminarmente affermato che il diritto alle ferie annuali retribuite non solo riveste la qualità di principio del diritto sociale dell’Unione, come emerge dalla direttiva 2003/88, la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati nella direttiva stessa, ma è altresì espressamente sancito all’articolo 31, paragrafo 2 della Carta, cui l’art. 6 paragrafo 1 TUE riconosce il medesimo valore giuridico dei Trattati.
Inoltre, è stato dichiarato che il diritto alle ferie annuali retribuite non può essere interpretato in senso restrittivo e che il diritto ad una indennità finanziaria non è sottoposto, dalla direttiva 2003/88 ad alcuna condizione diversa da quella relativa, da un lato, alla cessazione del rapporto di lavoro e, dall’altro, al mancato godimento da parte del lavoratore di tutte le ferie annuali a cui aveva diritto alla data in cui detto rapporto è cessato.
Pur avendo il diritto alle ferie una duplice finalità, ossia di consentire al lavoratore, da un lato, di riposarsi rispetto alla esecuzione dei compiti attribuitigli in forza del suo contratto di lavoro e, dall’altro, di beneficiare di un periodo di distensione, la Corte di Giustizia ha sottolineato che in talune situazioni specifiche, nelle quali il lavoratore non è in grado di adempiere alle proprie funzioni, il diritto alle ferie annuali retribuite non può essere subordinato da uno Stato membro all’obbligo di avere effettivamente lavorato. La medesima Corte di Giustizia ha, in particolare, equiparato la situazione in argomento a quella della sopravvenienza di una inabilità al lavoro per causa di malattia (trattandosi di contesti imprevedibili e indipendenti dalla volontà del lavoratore), di talché il periodo compreso tra la data del licenziamento illegittimo e la data della reintegrazione del lavoratore nel suo impiego deve essere assimilato ad un periodo di lavoro effettivo ai fini della determinazione dei diritti alle ferie annuali.