La Corte di Cassazione ha affermato che in caso di indagini finanziarie sui conti correnti dei soci, deve ritenersi legittima la verifica delle movimentazioni bancarie per masse finanziarie, con il recupero a tassazione, quali utili extracontabili non dichiarati, di tutti i movimenti dei conti verificati. Spetta al giudice di merito il compito di effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente rispetto ad ogni singola movimentazione (Ordinanza 11 marzo 2021, n. 6867). La controversia trae origine dall’avviso di accertamento, emesso a seguito di PVC della Guardia di Finanza, con il quale l’Agenzia delle Entrate ha recuperato a tassazione utili extracontabili derivanti da maggiori ricavi non dichiarati, accertati sulla base della verifica sui conti correnti dei soci, operata per masse finanziarie e non per singole transazioni, con l’effetto di ricondurre a tassazione tutti i movimenti (prelievi e versamenti) dei conti verificati. La Corte di Cassazione ha riformato la decisione impugnata, osservando che i giudici tributari hanno omesso di considerare la presunzione (che ha consistenza di prova presuntiva legale) in base alla quale le movimentazioni sui conti dei soci di una società (di persone o di capitali) partecipata da familiari o congiunti sono riferibili alla società stessa in difetto di specifiche ed analitiche dimostrazioni di segno contrario.
I giudici tributari hanno accolto le eccezioni del contribuente, escludendo la valenza degli esiti delle indagini finanziarie condotte sui conti dei soci per due ragioni:
a) difettava la prova della disponibilità dei rapporti bancari da parte dell’amministratore della società;
b) i rapporti bancari erano stati esaminati “per masse” e, cioè, senza un’analisi della singole transazioni.
La decisione è stata impugnata dall’Agenzia delle Entrate.
La Corte Suprema ha precisato che in tema di accertamento IVA relativo a società di persone a ristretta base familiare, l’Ufficio finanziario può utilizzare le risultanze di conti correnti bancari intestati ai soci, riferendo alla medesima società le operazioni ivi riscontrate, dato che la relazione di parentela è idonea a far presumere, salvo facoltà di provare la diversa origine delle entrate, la sostanziale sovrapposizione degli interessi personali e societari, nonché ad identificare in concreto gli interessi economici perseguiti dalla società con quelli stessi dei soci.
In altri termini, la qualità di socio in capo al soggetto sottoposto a indagini bancarie e finanziarie ne riduce la lontananza dalla società alla quale partecipa e, pertanto, consente al Fisco di riferire al contribuente le movimentazioni – salva la prova contraria, a suo carico – al fine di determinarne i maggiori ricavi non dichiarati, in quanto tali rapporti di contiguità rappresentano elementi indiziari che assumono consistenza di prova presuntiva legale, ove il soggetto formalmente titolare del conto non sia in grado di fornire indicazioni sulle somme prelevate o versate e non disponga di proventi diversi o ulteriori rispetto a quelli derivanti dalla gestione dell’attività imprenditoriale.
Detta presunzione non riguarda soltanto le società di persone, ma anche quelle di capitali, qualora sussistano elementi tali da indurre a ritenere che le movimentazioni sui conti dei soci e dei loro familiari siano, in realtà, riferibili alla società.
In proposito, la giurisprudenza ha affermato il principio per cui, in tema di accertamento dell’IVA la presunzione secondo cui le movimentazioni sui conti bancari risultanti dai dati acquisiti dall’Ufficio finanziario si presumono conseguenza di operazioni imponibili, opera anche in relazione alle società di capitali con riferimento alle somme di danaro movimentate sui conti intestati ai soci o ai loro congiunti; conti che devono ritenersi riferibili alla società, in presenza di alcuni elementi sintomatici, come la ristretta compagine sociale ed il rapporto di stretta contiguità familiare tra l’amministratore, o i soci, ed i congiunti intestatari dei conti bancari sottoposti a verifica. In tal caso, è particolarmente elevata la probabilità che le movimentazioni sui conti bancari dei soci, e perfino dei loro familiari, debbano – in difetto di specifiche ed analitiche dimostrazioni di segno contrario – ascriversi allo stesso ente sottoposto a verifica.
Quanto alla riconducibilità a tassazione della totalità dei movimenti sui conti oggetto di verifica e non di singole transazioni precisamente individuate, la Corte Suprema ha osservato che le disposizioni in materia di accertamento prevedono che tutti i movimenti sui conti bancari, siano essi accrediti che addebiti (i primi quali ricavi e i secondi quali corrispettivi versati per l’acquisto di beni e servizi reimpiegati nella produzione), si presumono riferiti all’attività economica del contribuente e che spetta a quest’ultimo fornire la prova contraria e, cioè, che i singoli movimenti non si riferiscono ad operazioni imponibili.
Spetta poi al giudice di merito il compito di effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione.