La Corte di Cassazione ha affermato che i compensi percepiti dagli associati di uno studio professionale in relazione agli incarichi di amministratori o di sindaci svolti presso varie società non sono assoggettabili ad Irap, purché sia provato lo svolgimento di tali incarichi separatamente dall’attività prestata per l’associazione professionale (Ordinanza 15 marzo 2021, n. 7182) La controversia trae origine dall’avviso di accertamento, emesso nei confronti dello studio professionale associato, con il quale l’Agenzia delle Entrate ha contestato, tra l’altro, l’imponibilità ai fini Irap dei compensi percepiti dagli associati per gli incarichi di amministratori o di sindaci di società, in considerazione dell’esistenza di autonoma organizzazione. Su ricorso dell’Agenzia delle Entrate, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici tributari.
I giudici tributari, pur riconoscendo l’esistenza di un’autonoma organizzazione, hanno escluso l’imponibilità Irap dei compensi per l’assolvimento di incarichi quali amministratori di società o componenti di collegi sindacali, in ragione della loro qualificazione tra i redditi di lavoro assimilati a quelli di lavoro dipendente, avendo rilevato lo svolgimento di detti incarichi separatamente dall’attività prestata per l’associazione professionale.
La Corte Suprema ha osservato che secondo la disciplina Irap sono soggetti passivi dell’imposta (…) le persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate esercenti arti o professioni.
Per tali soggetti la base imponibile è determinata dalla differenza tra l’ammontare dei compensi percepiti e l’ammontare dei costi sostenuti inerenti alla attività esercitata di lavoro autonomo.
In proposito la Suprema Corte ha affermato che il riferimento, per la determinazione della base imponibile, alla differenza tra l’ammontare dei compensi percepiti e quello dei costi sostenuti inerenti alle attività di lavoro autonomo, senza fare menzione delle attività per incarichi societari esclude l’assoggettabilità ad imposizione di quella parte di reddito che il lavoratore autonomo, che esercita abitualmente l’attività professionale intellettuale, abbia conseguito in qualità di amministratore, revisore e sindaco di società perché è soggetta ad imposizione fiscale unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata. In particolare, per la soggezione ad Irap non è sufficiente che il commercialista operi presso uno studio professionale, atteso che tale presupposto non integra di per sé il requisito dell’autonoma organizzazione rispetto ad un’attività rilevante quale organo di una compagine terza.
La Corte Suprema ha chiarito che, in relazione ai redditi realizzati dal libero professionista nell’esercizio di attività di sindaco, amministratore di società, consulente tecnico, non è soggetto ad imposizione quel segmento di ricavo netto consequenziale a quell’attività specifica purché risulti possibile, in concreto, lo scorporo delle diverse categorie di compensi conseguiti e verificare l’esistenza dei presupposti impositivi per ciascuno dei settori interessati.
Pertanto, in tema di Irap, qualora il professionista, oltre a svolgere attività ordinaria di commercialista, sia titolare di carica di sindaco di società, l’imposta non è dovuta anche per i compensi correlati a quest’ultima attività, che vanno pertanto scorporati da quelli derivanti dalle altre attività.