In relazione al rapporto di lavoro instaurato con una società Svizzera da un dirigente fiscalmente residente in Italia, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le stock options maturate nel corso del rapporto di lavoro sulla base di un piano incentivante devono ritenersi incluse nella retribuzione convenzionale, invece l’indennità percepita a titolo di patto di non concorrenza a seguito della risoluzione del rapporto di lavoro deve essere assoggettata a tassazione separata (Risposta 17 novembre 2021, n. 783). Il Caso La questione esaminata dall’Agenzia delle Entrate riguarda il trattamento fiscale delle competenze percepite a titolo stock options e patto di non concorrenza da un soggetto fiscalmente residente in Italia, in occasione della cessazione del rapporto di lavoro instaurato con una società svizzera, in relazione al lavoro svolto all’estero. – l’ulteriore somma (Non compete and Non-Solicitation compensation) corrispondente al doppio del salario annuo condizionata al rispetto di taluni obblighi contrattuali di non concorrenza per un periodo di 12 mesi successivi alla data di cessazione del rapporto secondo il diritto svizzero, pagata al 50 % in data 30 aprile 2020 ed il restante 50% in data 30 aprile 2021 (corrispettivo per patto di non concorrenza). Si chiede, quale sia il trattamento fiscale applicabile in Italia alle azioni PSU e RSU assegnate in base a determinate date di vesting del Piano ( 1 settembre 2020, 1 settembre 2021 e 1 settembre 2022) per la quota maturata all’estero fino alla data di cessazione del rapporto estero e alla somma percepita a titolo di corrispettivo per il patto di non concorrenza. Soluzione In base alla previsione del TUIR (art. 3, co. 1, del DPR n. 917 del 1986) per le persone residenti in Italia l’imposta si applica sull’insieme dei redditi percepiti, indipendentemente da dove questi siano prodotti. In tal caso, dunque, tutti i redditi prodotti all’estero, inclusi quelli derivanti dalla cessazione di un rapporto di lavoro svolto all’estero, devono essere dichiarati in Italia. Per quanto concerne le azioni PSU e RSU maturate interamente in Svizzera nel periodo ricompreso tra l’assegnazione delle stesse e la data di risoluzione di rapporto di lavoro, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che sulla base della Convenzione si configurano come retribuzione in natura e quindi sono qualificabili come redditi di lavoro dipendente. Per quanto riguarda le somme erogate a titolo di corrispettivo per il patto di non concorrenza (Non compete and Non-Solicitation compensation) l’Agenzia delle Entrate ha osservato che la Convenzione, così come, in generale, il Modello di Convenzione OCSE, non contiene una disposizione specifica per gli emolumenti erogati ai dipendenti al momento della cessazione dell’impiego, in ragione del trattamento, giuridicamente e fiscalmente differenziato, che pagamenti di questo tipo hanno nelle singole legislazioni nazionali. Tuttavia, chiarisce l’Agenzia, in ragione della correlazione con l’attività lavorativa prestata, tali somme devono comunque ritenersi riconducibili tra i redditi di lavoro dipendente, e quindi nell’ambito del richiamato articolo 15 della Convenzione. Si ricorda che in base alla disposizione i redditi di lavoro dipendente siano assoggettati ad imposizione esclusiva nello Stato di residenza del beneficiario, a meno che tale attività lavorativa non venga svolta nell’altro Stato contraente. In tale ultima ipotesi, gli emolumenti devono essere assoggettati ad imposizione concorrente in entrambi gli Stati.
Nella fattispecie si tratta di un dirigente di una società elvetica che ha svolto la propria prestazione in Svizzera.
In qualità di lavoratore alle dipendenze di società svizzera è stato iscritto al sistema previdenziale svizzero e soggetto ad imposizione fiscale sul reddito da lavoro in tale Paese. Nonostante ciò, essendo fiscalmente residente in Italia ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, il reddito da lavoro dipendente percepito è stato assoggettato a tassazione in Italia sulla base delle retribuzioni convenzionali, in ragione del fatto di aver soggiornato nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di dodici mesi.
Nel gennaio del 2020, il dirigente ha sottoscritto con la Società un accordo di risoluzione consensuale dal rapporto di lavoro nel mese di aprile del 2020, che prevede l’erogazione delle seguenti competenze legate al rapporto di lavoro svizzero all’atto della cessazione:
– la quota parte di azioni assegnate in base ad un Piano incentivante (LTIP Long term incentiveplan), maturate interamente in Svizzera nel periodo ricompreso tra l’assegnazione delle stesse e la data di cessazione del rapporto lavorativo con la società estera, di cui un ammontare maturato (vested) in data 1 settembre 2020 è incluso nella busta paga svizzera del mese di settembre 2020 (stock options);
Con riferimento alle stock options, in base al Piano incentivante LTIP, sono riconosciute le seguenti tipologie di diritti:
1. PSU (performance share unit), consistente nel diritto di ricevere gratuitamente allo scadere del periodo di maturazione e al raggiungimento di condizioni di performance le azioni della società capogruppo;
2. RSU (restrictedstock unii), consistente nel diritto di ricevere gratuitamente allo scadere del periodo di maturazione le azioni della società capogruppo.
La materiale assegnazione delle azioni avviene in coincidenza con le originali scadenze di vesting (1 settembre 2020, 1 settembre 2021, 1 settembre 2022), con la particolarità che vengono attribuite al dipendente solo il numero di azioni maturate nel periodo compreso dalla data della originaria assegnazione fino al termine del rapporto di lavoro. Durante tutto il periodo di maturazione dei diritti (vesting period) l’attività lavorativa è stata svolta in modo continuativo ed esclusivo all’estero mantenendo la residenza fiscale in Italia.
Tutte le somme percepite sono state assoggettate a tassazione e contribuzione secondo la normativa svizzera in considerazione del fatto che tutto il periodo di maturazione è riferito al periodo di lavoro svolto in Svizzera.
Nel caso in esame, al fine di stabilire la trattamento tributario applicabile alle somme percepite dal dirigente, la disciplina fiscale italiana deve essere coordinata con le disposizioni della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Svizzera, firmata a Roma il 9 marzo 1976 (di seguito per brevità “Convenzione”), in ragione del principio di prevalenza del diritto convenzionale sul diritto interno sancito dall’articolo 169 del DPR n. 917 del 1986 (TUIR) e dall’articolo 75 del DPR n. 600 del 1973.
Detti redditi che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un ‘attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell’altro Stato contraente. Se l’attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato (art. 15 della Convenzione). La potestà impositiva dello Stato della fonte è subordinata alla condizione che tali compensi in natura derivino da un’attività di lavoro dipendente svolta in detto Stato, non rilevando l’eventuale diverso momento in cui il reddito è corrisposto e la circostanza che la tassazione avvenga in un periodo d’imposta successivo, in cui il dipendente non lavora più in detto Stato.
Con riferimento al caso di specie, il collegamento con il territorio svizzero è rilevabile dalla circostanza che nel vesting period, ossia nel periodo di maturazione del diritto, il dipendente ha ivi svolto la propria attività di lavoro.
Occorre, peraltro, considerare che durante il periodo di vesting il contribuente ha mantenuto la residenza fiscale in Italia, e avendo soggiornato all’estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di dodici mesi, ha assoggettato il reddito da lavoro dipendente in Italia determinando il reddito imponibile sulla base delle retribuzioni convenzionali.
Ne consegue, che una volta individuata la retribuzione convenzionale, le ulteriori somme erogate non devono essere oggetto di autonoma tassazione. In particolare, il valore delle azioni maturate nel periodo in cui era in corso il rapporto di lavoro, ricevute in esecuzione del piano incentivante, deve essere considerato incluso nella retribuzione convenzionale.
Nel caso del corrispettivo per il patto di non concorrenza si pone il problema di individuare il periodo di riferimento rilevante, ai fini della ripartizione della potestà impositiva tra Italia e Svizzera. In particolare, occorre stabilire se sia rilevante l’intera vita lavorativa del beneficiario valorizzando i periodi nei quali il lavoro è stato effettuato all’estero, ovvero gli anni in cui, cessato il rapporto d’impiego, sussiste l’obbligo per l’ex dipendente di non svolgere alcuna attività in concorrenza con l’ex datore di lavoro.
Partendo dal presupposto che la sottoscrizione del patto di non concorrenza corrisponda ad una effettiva e significativa esigenza della società, e non alla remunerazione per attività lavorative svolte mentre era ancora in corso il rapporto d’impiego, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le somme percepite devono essere assoggettate a tassazione nello Stato di residenza del lavoratore al momento della effettiva percezione. In particolare, in Italia dette somme devono ritenersi assoggettate a tassazione separata secondo il criterio di cassa.
Essendo corrisposte da un soggetto non obbligato ad effettuare le ritenute d’acconto (in quanto non residente), le somme percepite nel 2020 devono essere dichiarate con il Modello Redditi PF2021, compilando il quadro RM, mentre le somme percepite nel 2021 saranno indicate nella dichiarazione dei redditi da presentare l’anno prossimo.