La Corte di Cassazione ha affermato che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus (Ordinanza 13 aprile 2021, n. 9635). La controversia trae origine dall’avviso di accertamento scaturito da una verifica fiscale della contabilità acquisita dall’amministrazione finanziaria a seguito di accesso nei locali della società contribuente, nonché da indagini bancarie sui conti bancari della società stessa e dei soci. In relazione alle indagini bancarie l’Agenzia delle Entrate ha disposto il recupero di maggiori imposte sulla base di prelevamenti e versamenti non giustificati, non registrati nelle scritture contabili, e di cui non risultava il soggetto beneficiario. La decisione è stata impugnata dall’Amministrazione finanziaria che ha eccepito:
Su ricorso del contribuente, che ha eccepito l’inosservanza del termine “dilatorio” previsto dallo Statuto dei contribuenti (art. 12, co. 7 della Legge n. 212 del 2000), i giudici tributari hanno rilevato l’invalidità dell’intero procedimento accertativo, osservando che la predetta disposizione la quale stabilisce il termine iniziale per l’emissione e notificazione dell’avviso di accertamento in dipendenza del contenuto di un processo verbale di constatazione, salvo comprovate e motivate esigenze di urgenza, costituisce norma di carattere imperativo e non richiede, in virtù di detta natura, una comminatoria espressa di nullità del provvedimento.
Di conseguenza l’anticipata notifica dell’avviso di accertamento conduce alla declaratoria di illegittimità dell’atto impositivo essendo la norma in parola espressione di principi costituzionali, di cui lo Statuto del contribuente è diretta attuazione, ed essendo leso il diritto del contribuente all’instaurazione di un contraddittorio amministrativo e precontenzioso.
– la mancata specificazione da parte della contribuente delle osservazioni o richieste che avrebbe comunicato o potuto comunicare nei giorni mancanti allo scadere del termine di 60 giorni dalla notifica del verbale, e soprattutto in quale misura tali osservazioni avrebbero potuto incidere sull’esito dell’accertamento;
– l’instaurazione del cd. “contraddittorio preventivo” in sede amministrativa attraverso specifici inviti a comparire e richieste di chiarimenti a cui la contribuente aveva partecipato, garantendo il diritto di difesa.
La Corte di Cassazione invece ha confermato la decisione dei giudici tributari, osservando che il verbale delle operazioni compiute è redatto obbligatoriamente solo in caso di accesso presso il contribuente e che le garanzie previste dallo Statuto del contribuente (art. 12, co. 7 della Legge n. 212 del 2000) operano esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente, sia pure accompagnati da contestuali indagini finanziarie avviate per via telematica e con consegna di ulteriore documentazione da parte dell’accertato.
In linea di principio, secondo l’orientamento consolidato in giurisprudenza, la suddetta disposizione contenuta nello Statuto del contribuente deve essere interpretata nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus.
Risulta irrilevante, al fine di escludere l’invalidità del procedimento accertativo, l’instaurazione del cd. “contraddittorio preventivo”, atteso che l’anticipata notifica dell’atto, per espressa previsione della norma, trova giustificazione esclusivamente in specifiche ragioni di urgenza.