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Riscossione: cartelle di pagamento e difetto di notifica

3 Settembre 2021 by Teleconsul Editore S.p.A.

Il mancato rispetto della precisa sequenza procedimentale del procedimento di riscossione, nella quale l’esercizio della pretesa tributaria si dipana dall’atto impositivo alla cartella ed all’eventuale intimazione di pagamento, determina sicuramente un vizio della procedura di riscossione, in quanto essa verrebbe a svolgersi in modo difforme dallo schema normativo (Corte di Cassazione – Sez. trib. – Sentenza 24 agosto 2021, n. 23378).

La contribuente impugnava dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale tre intimazioni di pagamento, scaturite da tre cartelle di pagamento presupposte, che asseriva non essere state mai notificate. Le intimazioni venivano notificate con raccomandata A/R presso la propria residenza estera.
La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso, ritenendo rituale la notifica delle cartelle presupposte alle intimazioni eseguita ai sensi dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 presso l’ultimo domicilio fiscale della stessa, respingendo le doglianze relative ai vizi propri delle predette intimazioni. La contribuente proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale che respingeva il gravame.
La contribuente ricorre per la cassazione della pronuncia.
La questione posta dal ricorso in esame, su cui si fondano tutte le censure alla sentenza impugnata, è quella della ritualità della notificazione delle cartelle di pagamento prodromiche alle intimazioni, che la ricorrente ritiene non essere stata correttamente effettuata al domicilio fiscale identificato dall’ultima residenza della contribuente trasferitasi all’estero. La contribuente sostiene che, in base a tale trasferimento ed alla iscrizione all’AIRE effettuata in epoca antecedente a quelle notifiche, l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto notificargli gli atti impositivi nel Paese estero di nuova residenza, che sarebbe successiva al compimento di quella procedura notificatoria.
Per la Corte di Cassazione, nel caso in esame il rapporto processuale non poteva ritenersi esaurito, con conseguente applicazione retroattiva della norma processuale come modificata a seguito dell’intervenuto rilievo di illegittimità costituzionale. Oltre al fatto che, la “ratio ” del procedimento notificatorio impone di tenere conto del principio più volte espresso da questa Corte, secondo cui: ” In ambito tributario, la funzione propria della notificatone — di dirigerne l’oggetto verso il destinatario e di metterglielo a disposizione in modo da provocarne la presa di conoscenza — è, stante l’effetto che ne discende in rapporto all’atto contenente una pretesa impositiva, amplificata nel segno della maggiore garanzia della conoscenza effettiva. Tanto è da affermare in ragione del principio generale dettato dall’art. 6 dello statuto del contribuente (l. 27 luglio 2000, n. 212), a tenore del quale l’amministrazione finanziaria deve, in linea generale, assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati.
La correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza ordinata secondo una progressione di determinati atti, con le relative notificazioni destinati, con diversa e specifica funzione, a farla emergere ed a portarla nella sfera di conoscenza dei destinatari, allo scopo, soprattutto di rendere possibile per questi ultimi un efficace esercizio di difesa. La cartella di pagamento costituisce il presupposto per la notifica dell’intimazione, e serve a portare a diretta conoscenza dell’interessato la pretesa tributaria iscritta nei ruoli ed ha, quindi, un contenuto necessariamente più ampio del secondo, la cui notifica è, a differenza della notificazione della cartella, meramente eventuale, essendo prevista per il caso in cui il contribuente, reso edotto dell’imposta dovuta, non ne abbia eseguito spontaneamente il pagamento nei termini indicati dalla legge.
Il mancato rispetto della precisa sequenza procedimentale del procedimento di riscossione, nella quale l’esercizio della pretesa tributaria si dipana dall’atto impositivo alla cartella ed all’eventuale intimazione di pagamento, determina sicuramente un vizio della procedura di riscossione, in quanto essa verrebbe a svolgersi in modo difforme dallo schema normativo.
Quanto alla necessità di impugnare contestualmente l’intimazione di pagamento alle cartelle presupposte di cui si asserisce il difetto di notifica, la Suprema Corte ha precisato che l’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992 “non impone la contribuente, come emerge con chiarezza dall’uso del verbo “consentire”, alcun onere di impugnare cumulativamente l’atto successivo e l’atto presupposto del quale sia stata omessa la notificazione e nemmeno suggerisce una simile percorso di contestazione: una siffatta interpretazione sarebbe in patente contraddizione con la ratio del nuovo processo tributario, che è ispirato alla tutela dei diritti del contribuente (e in particolare dell’inalienabile diritto di difesa), nel quadro di una assimilazione ai caratteri del processo civile, nonché con i principi “forti” che, alla luce l. 212 del 2000, caratterizzano l’attuale sistema tributario nella direzione di un riequilibrio delle posizioni delle parti in contraddittorio. Impone al contribuente l’impugnazione cumulativa dell’atto successivo e dell’atto presupposto del quale sia stata omessa la notificazione, significherebbe privilegiare immotivatamente l’amministrazione finanziaria, recuperandone in via processuale l’azione impositiva esercitata in violazione della specifica scansione procedimentale dettata dalle regole di diritto sostanziale: sarebbe un modo per togliere sostanza e vigore a quelle regole e per rendere, in ultima analisi, assolutamente libero l’agire dell’amministrazione. Pur tenendo conto della infelice ed approssimativa formulazione, la norma appare, tuttavia, manifestamente animata da una volontà di favorire una più rapida soluzione delle controversie, offrendo al contribuente l’opportunità- affidata alai sua libera scelta- di contrastare con un solo atto la pretesa tributaria ed ottenere così una pronuncia che non esaurisca i propri effetti nella dichiarazione di annullamento dell’atto successivo, ma si estenda anche all’atto presupposto, investendo radicalmente e per intero la pretesa dell’amministrazione finanziaria. Si tratta, tuttavia, solo di una facoltà riconosciuta al contribuente, il quale — cooerentemente con il “principio della domanda” che caratterizza il processo tributario riformato — è lasciata la electio tra l’uno o l’altro percorso di contestazione”.
Da siffatti rilievi consegue che la Commissione Tributaria Regionale ha errato nel considerare la validità della notifica della cartella di pagamento a cittadino italiano avente all’estero una residenza conoscibile all’amministrazione finanziaria, in base all’iscrizione all’AIRE, per effetto della declaratoria di incostituzionalità del combinato disposto degli artt. 58, commi 1 e 2, secondo periodo, 60, comma 1, lettere c), e) ed f) del d.P.R. n. 600 del 1973, 26, ultimo comma d.P.R. n.602 del 1973, nella parte in cui prevede la non applicabilità delle disposizioni di cui all’art. 142 c.p.c.
Pertanto, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va accolto l’originario ricorso proposto dalla contribuente. Le spese di ogni fase e grado del giudizio, tenuto conto del recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni trattate rispetto all’epoca della introduzione della lite, vanno interamente compensate tra le parti.

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