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AdE: analisi del nuovo regime transfrontaliero di franchigia IVA

17 Dicembre 2025 by Teleconsul Editore S.p.A.

La circolare del 16 dicembre 2025, n.13/E, dell’Agenzia delle entrate ha come oggetto il D.Lgs. n. 180/2024, che recepisce la Direttiva (UE) 2020/285 e la Direttiva (UE) 2022/542, introducendo il nuovo regime transfrontaliero di franchigia in materia di imposta sul valore aggiunto.

La Direttiva (UE) 2020/285 (“Direttiva franchigia per piccole imprese”) modifica la Direttiva 2006/112/CE (“Direttiva IVA”) per quanto riguarda il regime di franchigia transfrontaliero, e il Regolamento (UE) n. 904/2010 per la cooperazione amministrativa e lo scambio di informazioni necessarie alla corretta applicazione del regime speciale.

Il Decreto legislativo 13 novembre 2024, n. 180, dunque, dà attuazione alla direttiva (UE) 2020/285 per quanto riguarda il regime speciale per le piccole imprese e alla direttiva UE 2022/542 per quanto riguarda le aliquote dell’imposta sul valore aggiunto, apportando modificazioni significative che si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2025.

 

In precedenza, fino al 31 dicembre 2024, il regime di franchigia era riservato alle imprese stabilite nello Stato membro in cui l’IVA era dovuta e operava solo in ambito “domestico”. Tale regime consentiva al soggetto passivo di non addebitare l’IVA sulle operazioni attive e di non detrarre l’IVA versata a monte, fruendo di importanti agevolazioni in tema di adempimenti.
Il legislatore unionale ha rivisitato la disciplina in un’ottica di semplificazione globale per le piccole imprese volta a ridurre gli oneri amministrativi e favorire lo sviluppo degli scambi transfrontalieri.

La rilevante novità, in vigore dal 1° gennaio 2025, riguarda l’ampliamento dell’ambito territoriale del regime di franchigia e ciò comporta che al livello “domestico” già esistente (in Italia il c.d. regime forfetario) si aggiunge ora il livello “transfrontaliero” del regime medesimo. 

 

Gli Stati membri che adottano il regime di franchigia domestico, al ricorrere delle condizioni previste, devono concedere tale franchigia anche per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel loro territorio da soggetti passivi stabiliti in un altro Stato membro. Questi soggetti possono applicare il regime di franchigia transfrontaliero in uno o più Stati membri (diversi da quello di stabilimento), previa apposita identificazione nel solo Stato di stabilimento.

 

Il regime riguarda unicamente le operazioni attive (output), mentre le operazioni passive (input) non sono interessate.

Lo Stato di stabilimento è, in via generale, l’unico con cui il soggetto deve relazionarsi per l’attività ordinaria, inviando la comunicazione preventiva e le comunicazioni trimestrali.

 

Per avvalersi del regime transfrontaliero, il soggetto passivo deve rispettare due soglie di volume d’affari annuo:

  • la soglia di volume d’affari annuo applicabile in ciascuno Stato membro per la franchigia domestica (che non può eccedere 85.000 euro);
  • la soglia di 100.000 euro di volume d’affari annuo nell’Unione.

Il regime è riservato ai soggetti stabiliti nell’Unione europea e non possono aderirvi i soggetti stabiliti al di fuori dell’UE.

Non è possibile applicare il regime di franchigia solo ad alcune operazioni attive nello stesso Stato, ma il contribuente può scegliere di operare in franchigia in certi Stati e applicare le regole ordinarie in altri.
Il soggetto passivo che intende applicare il regime di franchigia in altri Stati (Stati di esenzione) deve chiedere l’autorizzazione al proprio Stato di stabilimento tramite una procedura che si conclude con l’attribuzione del suffisso EX.

Il D.Lgs. n. 180/2024 introduce nel decreto IVA il nuovo Titolo V-ter, Capo I, rubricato “Regime transfrontaliero di franchigia” il quale disciplina:
– la Sezione I (art. 70-terdecies): Definizioni e disposizioni generali;
– la Sezione II (artt. 70-quaterdecies a 70-septiesdecies): Regime di franchigia applicato in Italia da soggetti stabiliti in altri Stati membri (“regime di franchigia per i soggetti non stabiliti”);
– la Sezione III (artt. 70-octiesdecies a 70-duovicies): Regime di franchigia applicato in altri Stati membri da soggetti stabiliti in Italia (“regime di franchigia per i soggetti stabiliti”).

 

I soggetti che aderiscono al regime transfrontaliero di franchigia non esercitano la rivalsa dell’IVA sulle operazioni attive (output) e non hanno diritto alla detrazione dell’imposta relativa agli acquisti (input) afferenti tali operazioni.

Nell’ambito di tale regime l’Italia può rivestire il ruolo di Stato di stabilimento (gestendo l’autorizzazione, il numero EX e le comunicazioni) o di Stato di esenzione.
Sono escluse dal regime transfrontaliero di franchigia le cessioni di mezzi di trasporto nuovi trasportati o spediti in un altro Stato membro e altre cessioni escluse dallo Stato di esenzione.

 

La determinazione del volume d’affari annuo complessivo nell’Unione europea (massimo 100.000 euro) e del volume d’affari annuo realizzato in ciascuno Stato membro è fondamentale. L’articolo 70-terdecies, comma 1, lettera b), del decreto IVA fornisce una definizione ampia di volume d’affari annuo realizzato nell’Unione, comprendendo in esso “il valore totale annuo delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi, al netto dell’IVA, effettuate nel territorio dell’Unione europea nel corso di un anno civile”. In Italia, la soglia di volume d’affari per l’accesso al regime è di 85.000 euro. Concorrono alla determinazione del volume d’affari le cessioni di beni e le prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in ogni Stato secondo le norme unionali. Non concorrono, ai sensi del comma 3 dell’articolo 70-terdecies: le cessioni di beni d’investimento materiali o immateriali; e specifiche operazioni esenti ai sensi dell’articolo 10 del decreto IVA (salvo che non abbiano carattere accessorio). È escluso anche il valore degli acquisti nazionali o intracomunitari in cui il soggetto passivo è debitore d’imposta in reverse charge.

 

Regime di franchigia per soggetti stabiliti in Italia
Il decreto legislativo, nel recepire nell’ordinamento domestico il regime di franchigia transfrontaliero applicabile dai soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, dispone, all’articolo 70-octiesdecies, comma 139, del decreto IVA, che l’accesso al citato regime è subordinato:

– ad adempimenti procedurali, come la trasmissione di una comunicazione preventiva all’Agenzia delle entrate per richiedere l’ammissione e l’attribuzione del suffisso EX;

– alla verifica dei requisiti stabiliti dallo Stato membro di esenzione;

– al rispetto del requisito unionale di non aver superato la soglia complessiva di 100.000 euro di volume d’affari nell’Unione, sia nell’anno civile precedente, sia nel periodo in corso prima della comunicazione preventiva.

Possono optare per questo regime anche soggetti che in Italia non applicano il regime forfetario, compresi soggetti diversi dalle persone fisiche.

 

Il soggetto deve trasmette la comunicazione preventiva mediante procedura web all’Agenzia delle entrate. L’Agenzia, dopo un riscontro, trasmette la comunicazione agli Stati di esenzione. Se l’esito delle interlocuzioni è positivo, l’Agenzia assegna il suffisso EX (aggiunto al numero di partita IVA) entro 35 giorni lavorativi dalla ricezione della comunicazione preventiva. A partire dalla data di tale comunicazione, il soggetto può effettuare operazioni in esenzione IVA negli Stati per i quali è stato ammesso.

 

I soggetti stabiliti in Italia ammessi al regime devono comunicare all’Agenzia delle entrate, entro l’ultimo giorno del mese successivo a ogni trimestre civile, l’ammontare delle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate in Italia e in ognuno degli altri Stati membri (o l’assenza di operazioni).
Il soggetto passivo deve comunicare il superamento della soglia di 100.000 euro di volume d’affari annuo nell’Unione europea entro 15 giorni lavorativi dal superamento.

 

La cessazione può essere volontaria, con comunicazione tramite aggiornamento della comunicazione preventiva, o obbligatoria. La cessazione obbligatoria avviene se:
– è superata la soglia di volume d’affari annuo prevista dallo Stato di esenzione, o lo Stato di esenzione comunica il venir meno delle condizioni. La cessazione decorre dalla data di esclusione comunicata da tale Stato.
– è superata la soglia di 100.000 euro di volume d’affari nell’Unione europea nel corso dell’anno civile. In tal caso, il soggetto passivo cessa di applicare il regime di franchigia in tutti gli Stati di esenzione a partire da tale momento.
L’Agenzia delle entrate disattiva tempestivamente il suffisso EX quando cessa l’applicazione del regime di franchigia o quando il soggetto ha cessato l’attività.

Regime di franchigia per soggetti stabiliti in altri Stati membri
L’Italia, come Stato di esenzione, concede l’applicazione del regime di franchigia transfrontaliero, in via tendenziale, alle stesse condizioni applicabili al regime forfetario. Sono ammesse a beneficiarne solo le persone fisiche soggetti passivi d’imposta.
Le condizioni di accesso richiedono che il volume d’affari annuo:

  • nell’anno civile precedente non sia stato superiore a 100.000 euro nell’Unione europea;
  • nell’anno civile precedente non sia stato superiore a 85.000 euro nel territorio dello Stato italiano;
  • nel periodo dell’anno civile in corso precedente alla comunicazione preventiva non sia superiore a 100.000 euro nell’Unione europea (e 85.000 euro in Italia).

Sono previste cause di esclusione analoghe a quelle del regime forfetario nazionale. Il soggetto può operare in franchigia in Italia a partire dal giorno in cui ha ricevuto la comunicazione di attribuzione del numero identificativo EX da parte del suo Stato di stabilimento. Il soggetto passivo è esonerato da tutti gli adempimenti IVA, ad eccezione della certificazione dei corrispettivi, conservazione dei documenti e, ove prevista, emissione della fattura. La fattura, se emessa, può essere in forma semplificata, anche se di ammontare superiore al limite ordinario.
Se un soggetto passivo non stabilito supera la soglia di 85.000 euro in Italia, la cessazione avviene dall’anno civile successivo. Se invece supera la soglia di 100.000 euro nel territorio italiano (volume d’affari annuo), la cessazione avviene a partire dall’effettuazione dell’operazione che ha determinato il superamento. In questo caso, il soggetto è tenuto a identificarsi in Italia ai fini IVA per assoggettare a imposta l’operazione che determina il superamento e tutte quelle successive.

 

Regime forfetario nazionale e coordinamento
Il regime di franchigia nella Direttiva IVA si articola su due livelli (nazionale e transfrontaliero) e il soggetto passivo può optare, qualora previsto dal proprio Stato di stabilimento, per l’adozione di entrambi i regimi o scegliere invece quello, tra i due, che più si confà alle esigenze della propria attività.

L’articolo 1, comma 57, lettera b), della Legge n. 190/2014 è stato integrato, prevedendo che i soggetti stabiliti in un altro Stato membro che soddisfano le condizioni applicano il regime forfetario ai soli fini delle imposte dirette. Ai fini IVA, invece, tali soggetti applicano il regime di franchigia transfrontaliero.
I soggetti stabiliti in Italia che adottano il regime forfetario devono monitorare le soglie annue per entrambi gli ambiti (domestico e transfrontaliero):
– soglia di volume d’affari annuo fissata dallo Stato di esenzione e soglia unionale di 100.000 euro (basate sull’ammontare delle operazioni effettuate);
– soglia annua di 85.000 euro di ricavi e compensi incassati (esclusione dall’anno successivo) e soglia annua di 100.000 euro di ricavi e compensi incassati (esclusione immediata dal regime), ai fini della permanenza nel regime forfetario nazionale.
Infine, l’articolo 1, comma 59, della Legge di stabilità 2015 è stato integrato per consentire sia ai soggetti in regime forfetario che ai soggetti non stabiliti che operano in Italia in regime di franchigia transfrontaliera di emettere una fattura semplificata (ai sensi dell’articolo 21-bis del decreto IVA), a prescindere dall’importo.

 

Inoltre, sono state apportate modifiche all’articolo 19 del decreto IVA per tener conto dell’indetraibilità dell’imposta derivante dall’applicazione del regime di franchigia transfrontaliero. In particolare, non è detraibile l’IVA relativa all’acquisto o all’importazione di beni afferenti operazioni realizzate fuori dal territorio italiano “in regime transfrontaliero di franchigia IVA di cui al titolo V-ter”. Per i beni e servizi utilizzati in parte per operazioni in regime transfrontaliero di franchigia, la detrazione non è ammessa per la quota imputabile a tali utilizzazioni.

 

Oltre a ciò, al fine di coordinare le novità in materia di regime di franchigia transfrontaliero con la disciplina del regime del margine di cui al capo IV, sezione II, del D.L. n. 41/1995, ai sensi del nuovo articolo 36, comma 1, i beni ceduti da soggetto passivo d’imposta comunitario in regime di franchigia si considerano acquistati da privati, indipendentemente dallo Stato di stabilimento.

 

L’articolo 3, comma 1, lettera a), del D.Lgs. n. 180/2024 recepisce la Direttiva (UE) 2022/542 limitatamente alle disposizioni in materia di territorialità dell’imposta sul valore aggiunto nel caso di servizi riferiti ad attività che sono trasmesse in streaming o altrimenti rese virtualmente disponibili e di servizi ad esse accessori.

Le modifiche riguardano le lettere a) e b) dell’articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto IVA:

  • alla lettera a), viene specificato che, se i servizi e i servizi accessori si riferiscono ad attività trasmesse in streaming o altrimenti rese virtualmente disponibili, le prestazioni si considerano effettuate nel territorio dello Stato se il committente è domiciliato nel territorio dello Stato o è ivi residente senza domicilio all’estero;
  • alla lettera b), è aggiunto il periodo secondo cui la disposizione relativa alla territorialità non si applica all’ammissione agli eventi se la presenza è virtuale.
    Queste modifiche, in vigore dal 1° gennaio 2025, introducono una deroga al criterio del luogo di esecuzione dell’evento, precedentemente applicabile ai servizi resi a privati (B2C).

Per le prestazioni di servizi rese a committenti non soggetti passivi d’imposta (B2C), se i servizi si riferiscono ad attività trasmesse in streaming o altrimenti rese virtualmente disponibili, sono territorialmente rilevanti in Italia se i committenti risultano domiciliati nel territorio dello Stato o sono ivi residenti senza domicilio all’estero.
Inoltre, per le prestazioni di servizi di accesso a manifestazioni (culturali, artistiche, ecc.) e i servizi accessori connessi, se l’ammissione agli eventi avviene tramite servizi trasmessi in streaming o altrimenti resi virtualmente disponibili, le prestazioni sono territorialmente rilevanti in Italia, a prescindere dal luogo in cui si svolgono, qualora i committenti siano stabiliti nel territorio dello Stato (se soggetti passivi) o siano domiciliati nel territorio dello Stato o ivi residenti senza domicilio all’estero (se privati consumatori).

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